Insomma, alla Primaria niente più note.
Che ne penso? Ma
interessa veramente a qualcuno quello che ne penso io (nelle vesti di umorista più
che in quelle di insegnante) o quello che pensano gli insegnanti? Temo di no.
I provvedimenti, come si è visto, cadono dall’alto
(scrivendo ho battuto dall’”altro”, bellissimo “lapsus tastierae”, ne approfitterò).
Come polpette avvelenate. Senza chiedere il permesso a maestre e maestri.
Serve una nota in generale? Serve una nota a un bambino?
Non si può generalizzare: può servire o non servire.
Serve, se c’è la collaborazione della famiglia, non serve o servirà a poco, se
la collaborazione della famiglia non c’è.
Punto. E’ così semplice!
La nota “Gigetto ha offeso la compagna Silvia con parole inadatte
all’ambiente scolastico” tradotta dallo scolastichese in lingua quotidiana e
comprensibile dovrebbe essere interpretata dalle orecchie sensibili di mamma e
papà: “Cari genitori di Gigetto, il vostro pargoletto ha dato della puttana a
Silvietta. La parolaccia non ha offeso le mie delicate orecchie e non mi ha
fatto diventare rosso. Devo, però, tutelare Silvietta e segnalarvi che Gigetto
usa un linguaggio volgare e poco rispettoso nei confronti delle compagnucce! Io
posso rimproverarlo, ma la parola di un genitore pesa il doppio, eh! A buon
intenditor…”
Il genitore che si fida dell’insegnante penserà: “Ohibò! Il
mio pulcinotto va rimproverato! Lo so: è una scocciatura e una fatica, ma mi spetta. Stasera
solo mezzora di Play. Poi cercherò di spiegargli come ci si comporta con le
compagnucce. Grazie al maestro so come si comporta Gigetto fuori casa. Non ho
bisogno delle telecamere io! C’è l’insegnante che controlla! Meno male!”
In questo caso, la nota serve. Due adulti che intervengono e
risolvono il problema. Bravi, bene, bis!
Se però il genitore di Gigetto tra i denti sibilerà: “Porca
puttana*, che rompicoglioni questo maestro! Perché si intromette nelle questioni
che riguardano i bambini! Perché non si fa i cazzi suoi? E poi, suvvia, che cos’ha
detto di male il mio Gigetto! Lo sanno tutti che Silvietta è una smorfiosa! Anzi,
la bimba dovrebbe essere contenta di essere chiamata così. Perché evidentemente
piace a mio figlio. Chi disprezza compra!”
In questo caso la nota, come facilmente si arguisce, non servirà a molto. Anzi, è confusiva e ,
usando un termine che va per la maggiore in altro contesto, è divisiva.
Evidentemente dall’alto e dall’altro si ritiene che questo
tipo di famiglia (quella che si dirigerà furibonda in presidenza, quella che
pretenderà scuse ufficiali perché non c’è prova provata che Gigetto abbia detto
“puttana”, ma probabilmente le ha detto, che ne so? , “Che bella sottana!” o cose
del genere, insomma, quella che crede che il proprio pargolo non abbia offeso
Silvietta, anzi, che le stesse facendo un bel complimento, perché lui è
speciale e sincero) sia maggioritaria in Italia.
Io personalmente non lo credo affatto (facciamo il 2% ?), ma da quando qualche genitore
ha incominciato a fare il pugile nelle aule scolastiche, dall’alto e dall’altro
qualcuno ha pensato bene di risolvere il problema alla base.
Sia chiaro che il
genitore pugile ci sarà ancora (non ha di certo bisogno di una nota per esercitare
l’arte dei pugni), mentre chi ci andrà di mezzo saranno il maestro che alzerà gli
occhi al cielo, sentendosi senza ugne e senza denti, Silvietta, che si abituerà ad essere offesa, e i genitori di
Silvietta che, quando la bimba arriverà a casa e riferirà la questione a mamma e papà , aggiungendo al piatto già indigesto il cappero velenoso che il maestro non ha fatto nulla per impedirlo, penseranno anche
loro: “Maestro del piffero, sarebbe da prendere a pugni! Ora iscrivo Silvietta dalle Orsoline!”
E in classe, il giorno dopo, Gigetto, in mancanza di Silvietta, darà del frocio al compagnuccio.
Col sorriso
sulle labbra.
* Il linguaggio greve è dovuto solo all'intento mimetico dell'autore.
* Il linguaggio greve è dovuto solo all'intento mimetico dell'autore.
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